Rome LOVE. L’umanità del XIV Municipio nelle istantanee di Simona Filippini

di Francesca Orsi

Simona Filippini cuce insieme l’eterogeneità di Rome LOVE (1993-ongoing), progetto fotografico a lungo termine che racconta della città eterna, attraverso la Polaroid e quella sua resa nostalgica legata al concetto di memoria. 

Quale città è meglio connotata dall’estetica delle rovine e della memoria se non la città eterna? Ma Rome LOVE non è solo questo e Simona Filippini lo dimostra soprattutto nella produzione dell’ultimo ciclo fotografico che va a chiudere, per ora, il suo viaggio visivo dentro Roma, iniziato agli inizi degli anni Novanta. 
Dal 4 al 18 novembre l’ultimo tassello di Rome LOVE sarà esposto alla galleria Acta International, a cura di Chiara Capodici, prodotto dall’Associazione Ti con Zero e inserito all’interno del festival Alla fine della città, a cura dell’associazione, Alla fine della città.
Tornata a Roma agli inizi degli anni Novanta da Parigi, dove ha lavorato come assistente al fotografo di moda Paolo Roversi, Simona Filippini trova nella fotografia a sviluppo istantaneo Polaroid il mezzo più indicato per narrare le gesta della sua città natale. Le immagini raccontano di una Roma notturna, crepuscolare, di un’umanità sfuggente, labile, della tematica dell’immigrazione e dei nuovi cittadini che si mescola con le sue esigenze di madre, libera solamente la sera. Si ritrova attratta dal fotografare le persone mentre guardano la sua Roma, stupite, irretite dalla sua bellezza, ma quella che Simona ritrae non è una Roma da cartolina ma la metropoli delle nuove attività commerciali, di luci, insegne, schermi del cinema all’aperto. È una Roma sminuzzata con tanto amore. Sono pillole affettive di realtà quelle che propone inizialmente l’autrice per il suo Rome LOVE.

Nel 2020 l’Associazione Ti con Zero, vincendo il bando triennale “Contemporaneamente Roma”, conferisce a Simona Filippini l’incarico di raccontare fotograficamente, per il festival Alla fine della città, il XIV Municipio, un territorio vasto e molto discontinuo visivamente, porta nord-ovest di accesso alla città, lungo la traiettoria che va da Valle Aurelia al borgo di Santa Maria Galeria. Ricco di natura incontaminata, ma anche di importanti arterie stradali che squarciano il paesaggio, un’umanità pronta a raccontare le proprie storie a voce, oltre che visivamente, una realtà periferica con la sua identità e anche i suoi aspetti critici. La romanità che Filippini ritrae in questo territorio, negli ultimi tre anni, sempre con la sua fedele Polaroid al seguito, è sicuramente più viscosa, più complessa rispetto a quella fotografata agli inizi degli anni Novanta e l’autrice l’affronta di petto, tesa a conoscerne le voci e le storie raccontate dai luoghi e spesso anche dagli abitanti stessi. 

Nella produzione sul XIV Municipio Simona Filippini si scrolla di dosso l’esigenza di mostrare una Roma concettualizzata, con le sue luci, le sue vedute, la sua estetica della memoria, mostrando invece un’umanità che si vuole esporre, e la fotografa espone, prepotentemente e in maniera definita. I volti delle persone dialogano capillarmente con gli elementi urbani, con la storia del Municipio impressa lungo la strada, sui muri, con i nomi delle vie, con quello dei parchi intitolati a vittime di cronache lontane. Filippini è diretta e sincera con le sue immagini, non si tira indietro nel rappresentare anche gli elementi di degrado, di povertà, di criticità del territorio. Il suo sguardo, nel tempo, è diventato sicuramente più fedele allo stato di realtà di una città, socialmente, economicamente e civilmente, sempre più in declino. 

Poi c’è il Santa Maria della Pietà con la sua mole monumentale, una volta ospedale psichiatrico, uno dei luoghi del movimento anti-psichiatrico di Franco Basaglia, connotato quindi dalla sua importante storia ma anche dalla sua presente volumentria, oggi anche sede del Municipio e, nella fase pandemica, centro di vaccinazione. Filippini lo cattura, però, nella sua evanescenza, nei dettagli che lo rendono luogo animato dai suoi vuoti, dall’assenza di quell’umanità che si è affacciata in maniera convinta lungo tutto il viaggio nel XIV Municipio.

È un lascito familiare, invece, l’attrazione di Simona Filippini per le insegne luminose con cui anima Rome LOVE, soprattutto nella prima parte del progetto. La sua famiglia le produceva e lei le fotografava, stupende nella loro lucentezza, chiara e diretta l’inquadratura, perfette nella loro resa estetica. E così vagabondando per la sua città natale le targhe lucenti hanno richiamato più volte il suo occhio, spesso non solo per la loro composizione e resa, ma anche perché inserite nel tema che sta tanto a cuore alla fotografa: i nuovi cittadini e, di conseguenza, anche le nuove attività commerciali che nascono con la loro presenza. 

La parte testuale prosegue anche lungo le ricerche fatte da Simona nel XIV Municipio, ma la lucentezza delle insegne soccombe a una realtà territoriale più cruda e diretta, più sincera forse, e così le scritte non servono più a pubblicizzare hotel o ristoranti, ma sono incise nel cemento, sui muri, sulle strade e sui new jersey stradali. Frasi scritte a mano da quell’umanità che abita il Municipio, sviscerata e indagata non solo nei suoi volti ma anche nel suo pensiero, nelle sue pulsioni di vita. Messaggi lasciati per qualcuno, probabilmente, ma che si inseriscono in maniera calzante con l’intento della fotografa di raccontare di un territorio in tutte le sue sfaccettature, anche quelle più degradanti ma veritiere. Con questo suo ultimo ciclo fotografico Simona non pare avere più paura di “sporcare” la sua fotografia con la veridicità del reale. 

LA MOSTRA

Rome LOVE di Simona Filippini
dal 4 al 18 novembre 

Roma

a cura di Chiara Capodici
prodotta dall’Associazione Ti con Zero

inaugurazione 4 novembre dalle ore 18:30

Acta International
via Panisperna, 82 – ROMA
Orario: da mercoledì a sabato 15:30-19
www.actainternational.it
www.associazioneticonzero.it

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